Tutte le volte che voglio riempirmi di "bello" e di "eleganza" vengo in Via Garibaldi, 12 a fare un giro: è un pò come una terapia, con la differenza che se non acquisti nulla, è gratis...ma riuscire ad uscire senza aver scelto qualcosa è quasi impossibile! Venire qui permette un'esperienza di shopping e cultura unica nel suo genere...nei saloni del primo piano nobile del palazzo rinascimentale edificato per Baldassarre Lomellino, restaurato nel 1772 da Andrea Tagliafichi e Charles De Wailly, l'architetto William Sawaya ha creato nel 2001 uno spazio polivalente dove la famiglia Bagnara, operante nel settore dagli anni '40, propone una miscela di stili, una fusione di tendenze, un'esperienza sensoriale. Sotto gli affreschi realizzati nel 1569 da Andrea Semino e gli stucchi dorati del '700, si può trovare un vaso di Alvaro Aalto, un libro di fotografia, un orologio Hermès, un plaid di cachemire, una porcellana Bauhaus, un divano di Zaha Hadid...meraviglioso!
Palazzo Campanella, via Garibaldi 12, note storico-artistiche
Situato in via Garibaldi, di fronte ai giardini di Palazzo Doria Tursi, l'edifico venne eretto tra il 1562 e il 1565 su progetto dell'architetto Giovanni Ponzello per conto di Baldassarre Lomellino. Una documentazione del prospetto originario, di stampo decisamente alessiano, è fornita dai disegni che Rubens ci ha lasciato a memoria del suo soggiorno genovese. Nel disegno della facciata principale si può vedere, in tutta la sua importanza, anche l'ariosa altana che stava sulla sommità del tetto e dallo quale lo sguardo del visitatore poteva spaziare sulla città, sul mare, sulle colline, che sembravano nascere dall'armonia del bianco dei marmi e del verde della vegetazione dei giardini realizzati sul lato a nord della via.
Tra le testimonianze della decorazione pittorica cinquecentesca sono da ricordare gli affreschi di Giovanni Battista Castello il Bergamasco, ora al secondo piano, che raffigurano Storie di Enea e Didone, e, al primo piano nobile, gli affreschi della cosiddetta Sala degli zecchini, eseguiti da Andrea Semino nel 1569-70 con Storie di Scipione l'Africano.
Il primitivo modello cinquecentesco fu trasformato quasi completamente quando, intorno al 1770, Cristoforo Spinola, allora proprietario del palazzo, decise di ristrutturarlo, aggiornandolo secondo i nuovi canoni estetici provenienti dalla Francia. Lo Spinola, che era stato ambasciatore della Repubblica a Parigi, aveva già iniziato l'ammodernamento degli interni, quando incontrò a Genova, nel 1771, durante il suo viaggio in Italia, Charles de Wailly, uno degli architetti francesi più sensibili ad un rinnovamento in senso neoclassico.
L'intervento del de Wailly, che per l'occasione si avvalse della collaborazione del genovese Emanuele Andrea Tagliafichi, interessò soprattutto la facciata principale, il giardino e la decorazione interna. Acquistò subito fama internazionale il Salone del Sole, annoverato tra le meraviglie della città e presentato nell'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert come esempio di architettura. Senza dubbio l'opera fu a Genova una delle prime espressioni di quel ritorno al classicismo che dalla Francia si stava diffondendo in tutta Europa.
L'intervento settecentesco si caratterizza per un'estrema sontuosità, una profusione di dorature e un grande uso di specchi che, sul modello di Versailles, vennero utilizzati per dilatare gli spazi, come si può ben vedere ancora oggi nella già citata Sala degli Zecchini al primo piano nobile. Gli ambienti interni raggiunsero una magnificenza e uno splendore tali da destare l'ammirazione di molti illustri viaggiatori che visitarono Genova nel corso del XIX secolo. Oltre a Stendhal, val la pena di ricordare alemeno quanto in proposito ebbero a scrivere Lady Sidney Morgan "[il Salone] certamente uno dei più ricchi, anche se non dei più grandi d'Europa, è tutto oro, specchi, marmo, rabeschi, cariatidi (...) richiama ugualmente gli appartamenti di rappresentanza delle Tuileries e il Café des Milles Colonnes del Palais Royal; il suo impatto decorativo è ottenuto con la ripetizione delle colonne corinzie negli specchi" (1821) e Joseph Autran " ... e quindi il palazzo Serra col suo favoloso salone dove grandi somme d'oro si sono trasfigurate in specchi di Venezia, in arabeschi splendidi, in stoffe di broccato" (1840).
Non molto tempo dopo la fine dei lavori di ristrutturazione, Cristoforo Spinola, le cui risorse finanziarie vennero praticamente dilapidate in tale dispendiosissima impresa, fu costretto a vendere il palazzo a Domenico Serra, il cui stemma orna il bel lampadario nell'atrio come pure una sala a grottesche al primo piano nobile. Dopo vari passaggi di proprietà, l'edificio fu acquistato nel 1917 dall'armatore Tito Campanella, il cui nome è ancora oggi legato al palazzo.
Profondamente danneggiato dal bombardamento aereo del 22 ottobre 1942, il palazzo è stato restaurato a più riprese nel dopoguerra.
Nella scala che conduce al nuovo showroom Via Garibaldi 12 si può ammirare la statua in marmo di Nicolò Traverso raffigurante Flora, mentre all'interno del nuovo spazio merita di essere citata ancora la sala di Dafni e Cloe che deve il nome proprio alla coppia di pastorelli musicanti dipinti nel medaglione centrale del soffitto, mentre le decorazioni a stucco rappresentano satiri e ninfe.
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